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Perché i giovani non trovano lavoro? Ecco le tre motivazioni di McKinsey
L’alto tasso di disoccupazione giovanile in Italia è ormai un realtà tristemente appurata. E sentendo parlare politici e opinionisti il problema sarebbe quasi esclusivamente riconducibile alla crisi economica che ha messo in ginocchio il sistema produttivo dello stato e di conseguenza abbassato il livello occupazionale.
Ma non è dello stesso avviso la McKinsey & Company che ha condotto un’indagine sulle problematiche profonde del rapporto sistema scolastico-mondo produttivo per cercare le ragioni che stanno al base del costante aumento di disoccupazione.
In realtà il rapporto completo sarà disponibile nei prossimi giorni, ma già la presentazione e le prime rilevazioni di McKinsey & Company meritano di essere analizzate.
Il rapporto McKinsey & Company
Il rapporto della McKinsey & Companydal titolo "Studio ergo Lavoro. Come facilitare la transizione scuola-lavoro per ridurre in modo strutturale la disoccupazione giovanile in Italia" per prima cosa smentisce la teoria secondo la quale la principale responsabile della disoccupazione sarebbe la crisi economica.
"Al contrario - afferma il rapporto - il fenomeno è radicato nel nostro Paese da lungo tempo e ha natura strutturale: negli ultimi vent’anni, infatti, la probabilità per un giovane sotto i 30 anni di essere disoccupato è risultata essere stabilmente 3,5 volte superiore alla popolazione adulta." Tanto per avere un’idea, la media europea di attesta intorno al 2.
Secondo il rapporto, il problema lavorativo italiano nascerebbe dal difficile rapporto tra il sistema scolastico e i reali bisogni del sistema produttivo italiano. Questo "disallineamento tra capitale umano e necessità attuali e prospettiche del sistema economico" avrebbe tre cause fondamentali.
Prima causa di disoccupazione
La prima causa individuata dal rapporto è lo "sbilanciamento quantitativo tra domanda delle imprese e scelte dei giovani." In Italia, nel momento della scelta del percorso scolastico da seguire, si tende a mettere il fattore "occupazione futura" al secondo posto, seguendo principalmente gli interessi personali.
Da ciò ne consegue che le aziende italiane faticano a trovare giovani lavoratori adatti alle mansioni da svolgere, in primis per carenza di ragazzi formati in determinati ambiti e con le adeguate competenze. Nel 2012 per esempio sono stati 65.000 mila i posti di lavoro rimasti vacanti a causa della mancanza di personale preparato e adatto ai ruoli.
"Nel prendere la decisione, solo il 38% degli studenti intervistati conosce le opportunità occupazionali offerte dai vari percorsi scolastici. Il risultato è un disallineamento tra domanda e offerta, evidente in particolare per i diplomati tecnici e professionali."
Ma anche per gli studenti universitari lo sbocco professionale resta in secondo piano: "meno del 30% degli universitari sceglie l’indirizzo di studi sulla base degli sbocchi occupazionali, mentre il 66% è motivato dall’interesse e dalle attitudini personali."
Seconda causa di disoccupazione
La seconda causa individuata dal rapporto è la carenza di competenze adeguate ai bisogni del sistema economico. "Solo il 42% delle imprese italiane ritiene che i giovani che entrano per la prima volta nel mondo del lavoro abbiano una preparazione adeguata." Nel 47% dei casi, rispetto alla media europea del 33%, le aziende italiane reputano i giovani appena entrati nel mondo del lavoro, inadatti a svolgere le mansioni richieste loro.
Secondo il rapporto inoltre "stage e tirocini hanno una durata inferiore a un mese in quasi il 50% dei casi nella scuola superiore e in circa il 30% dei casi all’università, e coinvolgono solo la metà degli studenti d’istruzione secondaria e terziaria."
Terza causa di disoccupazione
Infine ultima causa di disoccupazione emersa dal rapporto è "l’inadeguatezza dei canali di supporto alla ricerca del lavoro".
La fonte primaria di lavoro per i giovani italiani tra i 15 e i 29 anni sono gli amici e i parenti. I canali istituzionali come i centri per l’impiego si rendono utili solo all’1% dei giovani del nostro paese. Soltanto per fare un esempio, in Germania gli uffici di collocamento sono il mezzo principale di ricerca di occupazione nell’80% dei casi.
Possibili soluzioni
Dopo aver analizzato le cause principale della disoccupazione giovanile in Italia, McKinsey & Company propone una propria ricetta, indicando la necessità di un piano di azione attivo sia a livello nazionale che territoriale.
Tale programma strutturato e di durata pluriennale dovrebbe intervenire su più ambiti offrendo:
- offerta formativa adeguata alla domanda,
- informazione diffusa e trasparente,
- rivalutazione delle scuole tecniche e professionali,
- stretta collaborazione tra scuola e lavoro (con giovani e insegnanti in azienda e datori di lavoro nelle scuole),
- servizi di orientamento per gli studenti,
- efficacia dei canali di collocamento dei giovani sul mercato.
* a cura di
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